In occasione della Giornata della Memoria, il racconto del triste rientro in patria del fisico Samuel Goudsmit dopo la liberazione dell’Olanda dall’occupazione nazista.
Nel settembre del 1943 gli Alleati avviarono una missione di intelligence in Europa con lo scopo di ottenere informazioni sicure sullo stato di avanzamento del progetto di sviluppo delle tecnologie di fissione dell’uranio. Da qualche anno infatti era ormai chiaro che la fissione di atomi di grande massa, come l’uranio e il plutonio, avrebbe liberato un quantitativo di energia inimmaginabile e che si sarebbe potuto sfruttare questo potenziale immenso per la realizzazione di un ordigno di nuova generazione dal potere distruttivo di gran lunga superiore a qualunque altro esplosivo disponibile fino ad allora. Negli Stati Uniti, gli scienziati erano già all’opera per la realizzazione della bomba atomica ma anche i tedeschi stavano portando avanti le ricerche in campo nucleare, anche se il loro programma era decisamente più arretrato, difficoltoso e mal organizzato di quello americano. Era comunque importante accertarsi dello stato effettivo delle conoscenze tecniche sviluppate dai nazisti. Ecco dunque che nacque la missione #Alsos guidata dal comandante Groves.
“Goudsmit svolse un ruolo cruciale nella missione Alsos alla ricerca di informazioni sul programma nucleare nazista”
Ben presto ci si rese conto dell’utilità di avere un consulente scientifico competente per valutare la correttezza e l’attendibilità delle informazioni raccolte e così fece la sua comparsa il fisico olandese Samuel #Goudsmit, conosciuto da alcuni anni per aver introdotto, assieme a Uhlenbeck, il concetto di spin dell’elettrone, fondamentale nello sviluppo della nascente meccanica quantistica.
#Goudsmit non era un fisico nucleare e non era a conoscenza del progetto in opera a #Los_Alamos; in caso di cattura, non avrebbe così potuto fornire ai nazisti alcuna informazione utile sullo sviluppo del programma nucleare statunitense. Verso la fine del conflitto, #Goudsmit ebbe un ruolo di primo piano nella scelta degli scienziati tedeschi che gli Alleati tennero prigionieri a #Farm_Hall, evitando così che potessero collaborare con i russi fornendo loro importanti informazioni circa lo sviluppo delle tecnologie di fissione dell’uranio.
Non voglio qui occuparmi della questione della bomba atomica; il mio intento, in occasione della Giornata della Memoria, è riportare un racconto toccante che lo stesso #Goudsmit riporta nel suo libro Alsos, pubblicato nel 1947. Ritornando in patria, nell’Olanda da poco liberata dall’occupazione nazista, #Goudsmit ritrova la casa dei genitori a L’Aja, rimasta ormai disabitata.
”Fui colto da quell’emozione straziante che conoscono tutti coloro che hanno perso famiglia e amici per l’assassina mano nazista: un terribile senso di colpa. Forse avrei potuto salvarli.”
Il viaggio mi dette l’opportunità di vistare la casa dei miei genitori a L’Aja, dove ero cresciuto e dove vivevo durante gli anni del liceo e dell’università. Mentre guidavo la mia jeep in quel labirinto di strade familiari, che adesso sembravano più piccole e strette di come le ricordavo, sognavo di ritrovare i miei genitori invecchiati che mi aspettavano a casa, proprio come l’ultima volta che li avevo visti. Ma sapevo che era solo un sogno. Nel marzo del 1943 avevo ricevuto una lettera di addio da mia madre e mio padre che riportava l’indirizzo di un campo di concentramento nazista. Mi era arrivata attraverso il Portogallo. Fu l’ultima lettera che avevo ricevuto e che avrei ricevuto da loro.
[...] Salendo nella stanza dove avevo trascorso tante ore della mia vita, trovai alcune carte sparpagliate, tra queste le mie pagelle del liceo che i miei genitori avevano così accuratamente conservato in tutti quegli anni [...] Mentre stavo in piedi in quel rudere che un tempo era stata la mia casa, fui colto da quell’emozione straziante che conoscono tutti coloro che hanno perso famiglia e amici per l’assassina mano nazista: un terribile senso di colpa. Forse avrei potuto salvarli. Dopotutto, i miei genitori avevano già i visti americani. Tutto era stato preparato, tutto era pronto. Avevano ricevuto i documenti per emigrare negli Stati Uniti proprio quattro giorni prima dell’invasione dell’Olanda.
Era troppo tardi. Se fossi stato più veloce, se non avessi rimandato la visita all’ufficio immigrazione di una settimana, se avessi scritto le lettere necessarie un po’ prima, sicuramente li avrei potuti salvare in tempo dai nazisti. Allora ho pianto per i miei sensi di colpa [...] Ahimè! I miei genitori sono stati solo due dei quattro milioni di deportati in sporchi e stipati vagoni bestiame fino ai campi di concentramento, da dove non sarebbero mai tornati.
Il mondo ha sempre ammirato tanto i tedeschi per il loro ordine. Sono sistematici, hanno un grande senso della precisione. Ecco perché tennero una documentazione tanto accurata dei propri atti di crudeltà, che scoprimmo in seguito negli archivi ufficiali rinvenuti in Germania. Ed ecco come so la data esatta in cui mio padre e mia madre, cieca, furono condannati a morte nella camera a gas: era il settantesimo compleanno di mio padre.
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